Le “Fonti” del Fiume Clitunno, ubicate in loc. Le Vene in corrispondenza del maggiore affioramento di acqua del complesso sorgivo del Clitunno, costituiscono da sempre il più importante centro di attrazione del territorio ed uno dei luoghi più rinomati della Valle Umbra meridionale.
L’area, inserita all’interno di un S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario) per le sue peculiarità floro-faunistiche, è costituita da un piccolo bacino lacustre di circa 400 metri di diametro per una superficie di quasi 10000 metri quadrati con numerose polle d’acqua e da un’area circostante adibita a parco pubblico.
Le numerosissime specie vegetali (muschio, fanerogame, coda di cavallo acquatica, mestolaccia, brosca increspata, gamberaja maggiore, nontiscordardime delle paludi, nasturzio acquatico) conferiscono un aspetto lussureggiante e maestoso dell’area.
Le Fonti del Clitunno come le vediamo oggi sono diverse da quelle del Primo secolo, ai tempi di Plinio. Un violento terremoto, nel 444 d.C., modificò radicalmente il territorio e causò il ridimensionamento del fiume, fino ad allora navigabile.
L’attuale sistemazione del Parco è dovuta all’opera di Paolo Campello della Spina che, tra il 1860 e il 1865, fece realizzare il laghetto e impiantò la vegetazione che ancora oggi caratterizza il luogo, un giardino d’acqua ricoperto, in prevalenza, da pioppi e salici.
Nel 1876, Giosuè Carducci, arrivato a Spoleto come commissario di esami al Liceo Classico, visitò Campello e scrisse “Ode alle Fonti del Clitumno”, descrizione della magnificenza del luogo e invettiva contro il Cristianesimo che aveva umiliato la grandezza di Roma.
Il passaggio del poeta è ricordato oggi da una stele dello scultore torinese Leonardo Bistolfi con uno scritto di Ugo Ojetti. Ma già qualche anno prima George Byron era passato sulle rive del Clitunno e vi aveva lasciato traccia della sua vena poetica.
Nell’antichità classica il dio del fiume Clitunno fu cantato, oltre che da Properzio, dal poeta imperiale per eccellenza Virgilio. Quest’ultimo aveva riportato la curiosa leggenda dei buoi che, immergendosi nelle acque del fiume, sarebbero diventati ancora più candidi.
Il Clitunno fu costantemente celebrato in epoca imperiale e ci sono testimonianze della presenza dell’imperatore Caligola come frequentatore delle “Sacra Clitumnalia”, feste in onore del dio che si tenevano in primavera.
Il luogo, al tempo, vedeva sorgere templi, terme e ville sontuose dove annualmente si svolgevano feste religiose con gare, rappresentazioni sceniche e combattimenti di gladiatori.
Alle Fonti del Clitunno fermarsi per un pranzo o per una cena è quasi obbligatorio data la qualità del mangiare e c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Tra gli autori latini la fonte più importante è certamente l’epistola che Plinio il Giovane scrive al suo amico Romano in cui si ricorda il carattere sacro del fiume, la sua navigabilità, la divisione tra una parte non balneabile (le ‘Fonti’) ed una balneabile, le numerose ville che si affacciavano sul corso d’acqua e soprattutto i numerosi sacelli sacri:
“Hai mai visto la fonte del Clitunno? Se non ancora (e penso di no, diversamente me lo avresti raccontato), va’ a vederla; io l’ho vista solo di recente e mi dispiace il ritardo. Si erge un piccolo colle, boscoso e ombreggiato da antichi cipressi. Ai suoi piedi sgorga la fonte e scorre in molti corsi irregolari; dopo aver sopraffatto il giogo da sé creato, si spande in un’ampia polla, pura e così trasparente che potresti contarvi le monete gettate e i sassolini rilucenti. Da essa non per la pendenza del suolo, ma per la sua stessa copiosità e quasi per la forza del suo peso, l’acqua si propaga. Ancora è fonte e al contempo fiume assai ampio e capace di navi che fa transitare insieme anche in direzione contaria; così potente il corso, che l’imbarcazione non necessita di remeggio, seguendo il flusso, benchè il fondo sia pianeggiante, costretta invece, contro corrente, alla dura fatica di remi e pertiche. Dilettevole in entrambi i casi per coloro che vogano a fine di svago e piacere, mutando direzione, alternando la fatica al riposo, il riposo alla fatica. Le rive sono rivestite da moltissimi frassini e molt pioppi, numerabili nell’immagine verde che la trasparenza del fiume riflette, quasi fossero sommersi. La freschezza dell’acqua potrebbe competere con le nevi e neppure la sua brillantezza è ad esse inferiore. Si eleva nei pressi un tempio antico e sacro. Lo stesso Clitumno si erge, avvolto e ornato dalla toga pretexta. Le sorti indicano la presenza del dio ed anche il suo vaticinio. Attorno stanno numerosi sacelli di altrettante divinità; ciascuna ha il corrispondente culto, il nome e alcuni anche un proprio fonte. Infatti accanto al corso principale, quasi padre degli altri, se ne diramano altri e poi confluiscono nel fiume, attraversabile grazie ad un ponte, che segna il confine tra zona sacra e profana. Nella parte superiore rispetto al ponte è possibile soltanto navigare, nella sottostante, nella sottostante si può invece anche nuotate. Gli abitanti di Spello, ai quali il divo Augusto donò tale luogo, offrono il bagno ed anche l’ospitalità a spese pubbliche. E non mancano le ville, che ornano le rive, come conseguenza della bellezza del fiume. Insomma non vi sarà nulla da cui non trarre piacere. Infatti studierai persino e leggerai molte frasi di molte persone, scritte su tutte le colonne e su tutte le pareti, frasi mediante le quali quella fonte e il dio sono celebrati. Ne apprezzerai molte, certe ti faranno rider, benché tu, data la tua umanità, non ne deriderai alcuna. Stammi bene.”
Presumibilmente l’area era sede del culto del dio Clitumnus (da identificarsi con Giove) e sede di bagni pubblici gestiti dalla comunità romana di Hispellum su concessione di Augusto.