Nelle vicinanze delle delle Fonti del Clitunno, lungo la via Flaminia si trova ciò che resta della chiesa Romanica dei Santi Cipriano e Giustina. La chiesa fu eretta probabilmente nel XI-XII sec., in onore del Vescovo Cipriano. Appartenne ai monaci benedettini e funse da chiesa parrocchiale per i villaggi sparsi nella zona pedemontana di Campello. Fu inizialmente restaurata nel 1100 dal Vescovo Salomone e poi nel 1300 dall’architetto Gioacchino da Prato. Nel 1600 fu incorporata alla Pieve di S. Maria, perdendo la sua importanza originaria. Così iniziò un lento e inesorabile che portò nel 1760 a porre persino il problema sulle celebrazioni festive da tenere nella chiesa di S. Cipriano.
Nel 1825 il parroco Don Lorenzo Sbiocca decise di smantellare il tempio e di venderne i materiali per restaurare la canonica di S.Maria.
L’opera di demolizione fu interrotta l’anno successivo, dopo le numerose proteste di storici e amanti dell’Arte.
Della antica chiesa di S. Cipriano però ormai non rimaneva altro che una parte delle mura perimetrali e della parete absidale. Persa ormai la sua funzione originaria, la chiesa fu adibita per tutto 1’800 a cimitero, tanto che ancora oggi viene ricordata come “Camposanto Vecchio “.
La chiesa era costruita in file regolari di conci calcarei. La facciata, molto semplice, a due spioventi, possedeva un portale arcuato a 2 rincassi. Elemento di pregio della struttura era l’abside, divisa verticalmente da quattro esili lesene in pietra, terminanti in capitelli che sorreggevano una fila di archetti pensili e un cornicione dentellato. La copertura del catino era in lastre di pietra arenaria.
L’interno, composto da un’unica navata, era completamente costellato di affreschi del XIV – XV sec. di stile “Giottesco” di cui non rimangono purtroppo che labili tracce.
I ruderi della chiesa, ricoperti per decenni da una fitta vegetazione e quasi completamente interrati, sono stati riportati alla luce e restaurati dalla Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano nel 1995. Il restauro architettonico dell’abside è stato curato dalla Soprintendenza per i beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici dell’Umbria.