Comune di Campello Sul Clitunno
Provincia di Perugia
Le Fonti del Clitunno oggi sono diverse da quelle del Primo secolo, ai tempi di Plinio. Un violento terremoto, nel 444 d.C., modificò radicalmente il territorio e causò il ridimensionamento del fiume, fino ad allora navigabile. Paolo Campello della Spina, tra il 1860 e il 1865, fece realizzare il laghetto un giardino d’acqua ricoperto da pioppi e salici. Nel 1876, Giosuè Carducci visitò Campello e scrisse “Ode alle Fonti del Clitumno”, invettiva contro il Cristianesimo che aveva umiliato la grandezza di Roma. Qualche anno prima George Byron aveva lasciato qui traccia della sua vena poetica. Nell’antichità classica il dio del fiume Clitunno fu descritto e cantato da Plinio, Properzio e da Virgilio. Che raccontò la leggenda dei buoi così bianchi per essersi immersi nelle acque del fiume. Il luogo, al tempo, vedeva sorgere templi, terme e ville sontuose dove annualmente si svolgevano feste religiose (tra cui le note “Sacra Clitumnalia”, alle quali partecipava l’imperatore Caligola) con gare, rappresentazioni sceniche e combattimenti di gladiatori.
La piccola chiesa di San Sebastiano fu edificata nei primi anni del XVI sec. con fondi raccolti dalla comunità locale, come ex voto per lo scampato contagio dalla peste. Qui, Giovanni di Pietro detto lo Spagna dipinse la serie di affreschi, raffigurati la Madonna con il Bambino in gloria e i Santi Sebastiano e Rocco, ex voto e richiesta di intercessione in un momento di particolare diffusione del morbo in Umbria, tra il 1522 e il 1528. La facciata dell’edicola fu restaurata su progetto del Valadier, alla fine del XVIII sec.
Nei pressi delle Fonti del Clitunno, lungo la via Flaminia, si trovano i resti della chiesa romanica dei Santi Cipriano e Giustina. L’edificio sacro fu eretto tra XI e XII sec., in onore del Vescovo Cipriano e fu chiesa parrocchiale per poi essere adibito, per tutto il XIX sec., a cimitero. Dell’antica struttura restano parte delle mura perimetrali e della parete absidale. L’edificio era costruito in regolari file di conci calcarei. La facciata, a due spioventi, possedeva un portale arcuato a due rincassi. Elemento di pregio ancora intatto è l'abside, diviso verticalmente da quattro esili lesene in pietra, terminanti in capitelli che sorreggono una fila di archetti pensili e un cornicione dentellato. L'interno era completamente costellato di affreschi del XIV – XV sec. di stile giottesco, di cui non rimangono che labili tracce nell'abside. Attualmente il giardino circostante viene utilizzato per spettacoli, concerti e manifestazioni musicali e teatrali.
Dal 29 luglio 2011 il Tempietto è stato riconosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall'UNESCO nel sito seriale “I Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-774 d.c.)”. Oltre al Tempietto, il sito comprende le sei più importanti testimonianze monumentali longobarde esistenti sul territorio italiano: il Tempietto longobardo a Cividale del Friuli, il complesso monastico di San Salvatore – Santa Giulia a Brescia, il castrum di Castelseprio – Torba (Va), la Basilica di San Salvatore a Spoleto (Pg), la Chiesa di Santa Sofia a Benevento e il Santuario garganico di San Michele a Monte Sant’Angelo (Fg). Lo stile generale e il linguaggio straordinariamente classicheggiante, che emerge sia dai reimpieghi sia dagli ornamenti appositamente disegnati ed eseguiti, ci spiegano come i committenti, membri della famiglia ducale longobarda, proclamavano il loro status e il loro prestigio attraverso l’evocazione della grandezza di Roma. La gran parte degli ornamenti scolpiti è costituita da opere nuove, progettata ed eseguita in modo così convincente, abile ed ingannevole da riuscire a convincere anche Palladio che il Tempietto fosse un tempio romano e continuare a sviare anche oggi i meno attenti. Molti studiosi hanno avanzato le più discordanti ipotesi circa l'iniziale destinazione e la datazione. Studi più recenti tuttavia, la hanno circoscritta indiscutibilmente all'età longobarda,con una oscillazione tra gli inizi del VII secolo e l'VIII. L’edificio si presenta come un piccolo tempio corinzio tetrastilo in antis, su alto podio, frutto di almeno due fasi costruttive ravvicinate. Il sacello dedicato a San Salvatore è stato eretto nell’area presumibilmente occupata in precedenza (in epoca romana)da monumenti dedicati alla divinità fluviale (Clitumnus) identificata con Giove (Iuppiter). L’architrave riporta, in caratteri maiuscoli romani quadrati, una iscrizione invocante Dio, che doveva essere complementare a quella dei due portici laterali, oggi non più esistenti. All’interno vi sono dipinti murali di notevole qualità, ritenuti fra i più antichi dell’Umbria.